mercoledì 11 febbraio 2015

Ciò che inferno non è (Alessandro D'Avenia) - Recensione

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"Togli l’amore e avrai l’inferno.
Metti l’amore e avrai ciò che inferno non è."

Recensione senza spoiler:

Titolo: Ciò che inferno non è
Autore: Alessandro D'Avenia
Anno di pubblicazione: 2014
Genere: Romanzo drammatico
Pagine: 317

Voto: https://38.media.tumblr.com/cba5a2c9235fd27cc6a9524127b1295d/tumblr_n96vmrO0UJ1t6dnh5o8_250.jpg

Commento:
Quel che inferno non è racconta la storia del giovane Federico, ragazzo benestante di Napoli che durante l'estate del 1993 si ritrova ad aiutare Padre Pino Puglisi nelle sue iniziative a Brancaccio per contrastare la mafia, e di tutti i personaggi che lo circondano; per l'occasione D'Avenia si è ispirato alla vera vita del sacerdote che è stato suo insegnante al liceo. 

Quando tutta Palermo era una città verde a dispetto della calura, grazie a un sistema di canali sotterranei inventati dagli arabi alla fine del primo millennio, che zampillavano in pozzi e grotte. Chi faceva il miracolo erano i maestri d’acqua, capaci di evocarla dalle ricchissime falde sotterranee. E tutto sembrava poter sbocciare da quel terreno. Molti visitatori ignari di quell’arte si illusero che i giardini di Palermo avessero origine divina.
Don Pino cammina nel deserto di asfalto e come quei maestri evoca l’acqua e la fa scaturire da profondità nascoste, scavando, scavando, scavando. L’acqua nascosta nella roccia di ogni cuore umano, anche il più arido.
La mafia spinge la città a rinunciare alle proprie falde, la prosciuga e la convince di non avere acqua. E a poco a poco si comincia a credere che davvero l’acqua non ci sia e venga concessa con misericordiosa elargizione. Invece semplicemente non si vede. E al posto dei giardini e degli orti crescono male erbe, come la zizzania. Servono maestri d’acqua e proliferano invece signori dello scirocco.

L'alternanza dei narratori ci permette di conoscere tutti i punti di vista e lo stile ci fa entrare direttamente nelle vite dei personaggi: siamo a fianco di Federico quando si trova a fare scelte complicate, accompagnamo tutti i bambini nelle difficoltà delle loro giornate, speriamo insieme a Lucia per un futuro migliore, soffriamo con Maria e Serena vittime di un mondo maschile e soprattutto ammiriamo Don Pino per il suo coraggio. 

Il tutto è raccontato con un linguaggio ricco e poetico che riesce ad edulcorare una realtà difficile da capire e da affrontare, senza però banalizzarla.
Unico difetto è che talvolta D'Avenia tende a dare più importanza alla "forma" piuttosto che al "contenuto", infarcendo così tanto dialoghi e descrizioni da togliere credibilità e da sviare l'attenzione dalla storia.

«Non dobbiamo permettere che il dolore faccia seccare tutto. Faremo come si fa in campagna. Costruiremo un muro attorno agli alberi di agrumi, perché il vento caldo non li bruci.»

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